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Testi approvati
Giovedì 19 settembre 2019 - Strasburgo
Situazione in Turchia, in particolare la rimozione di sindaci eletti
 Myanmar/Birmania, in particolare la situazione dei rohingya
 Iran, in particolare la situazione dei difensori dei diritti delle donne e delle persone con doppia cittadinanza detenute
 Brevettabilità delle piante e dei procedimenti essenzialmente biologici
 Importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa
 Stato di attuazione della normativa antiriciclaggio

Situazione in Turchia, in particolare la rimozione di sindaci eletti
PDF 126kWORD 53k
Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sulla situazione in Turchia, segnatamente la revoca di sindaci eletti (2019/2821(RSP))
P9_TA(2019)0017RC-B9-0049/2019

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Turchia, in particolare quelle del 24 novembre 2016 sulle relazioni UE-Turchia(1), del 27 ottobre 2016 sulla situazione dei giornalisti in Turchia(2), dell'8 febbraio 2018 sulla situazione attuale dei diritti umani in Turchia(3), e del 13 marzo 2019 sulla relazione 2018 della Commissione concernente la Turchia(4),

–  viste la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 29 maggio 2019, sulla politica di allargamento dell'UE (COM(2019)0260), e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la relazione 2019 concernente la Turchia (SWD(2019)0220),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 18 giugno 2018 e le precedenti conclusioni in materia del Consiglio e del Consiglio europeo,

–  viste le conclusioni preliminari della missione di osservazione elettorale del Congresso delle autorità locali e regionali del Consiglio d'Europa,

–  viste le raccomandazioni della commissione di Venezia e l'impegno della Turchia a favore della Carta europea dell'autonomia locale,

–  vista la risoluzione 2260 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) del 24 gennaio 2019 dal titolo "The worsening situation of opposition politicians in Turkey: what can be done to protect their fundamental rights in a Council of Europe member State?" (Il peggioramento della situazione degli oppositori politici in Turchia: cosa si può fare per tutelare i loro diritti fondamentali in uno Stato membro del Consiglio d'Europa?),

–  viste le dichiarazioni rilasciate dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il 19 agosto 2019 sulle sospensioni di sindaci eletti e sulla detenzione di centinaia di persone nel sud-est della Turchia,

–  vista la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Selahattin Demirtaş/Turchia,

–  vista la risoluzione 2156 (2017) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sul funzionamento delle istituzioni democratiche in Turchia,

–  visto il fatto che i valori fondanti dell'Unione si basano sullo Stato di diritto e il rispetto dei diritti e dei valori umani, che si applicano anche a tutti i paesi candidati all'adesione all'UE;

–  visti la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), di cui la Turchia è parte,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–  visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che la Turchia è un partner importante dell'UE e, in qualità di paese candidato, è tenuta a rispettare gli standard di democrazia più elevati, compreso il rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto, elezioni credibili, le libertà fondamentali e il diritto universale a un processo equo;

B.  considerando che, il 31 marzo 2019, si sono tenute, in Turchia, le elezioni locali e che queste si sono svolte in modo ordinato, secondo le conclusioni preliminari della delegazione di osservazione elettorale del Congresso delle autorità locali e regionali del Consiglio d'Europa; che si è assistito a un'impressionante affluenza alle elezioni a livello locale; che le elezioni sono state ampiamente criticate dagli osservatori a causa di una eccessiva mancanza di obiettività da parte dei media a favore dell'Alleanza popolare al potere;

C.  considerando che, nelle elezioni locali del 31 marzo 2019, Adnan Selçuk Mızraklı, sindaco di Diyarbakır, ha ottenuto una maggioranza del 63%, Ahmet Türk, sindaco di Mardin, una maggioranza del 56%, e Bedia Özgökçe, sindaca di Van, una maggioranza del 54% dei voti, il che significa pertanto che tutti e tre i sindaci hanno ottenuto un chiaro mandato popolare per svolgere le funzioni inerenti alla loro carica di sindaco;

D.  considerando che tutti e tre i sindaci hanno ricevuto l'approvazione del Consiglio elettorale supremo della Repubblica di Turchia (YSK) per candidarsi alle elezioni;

E.  considerando che i sindaci democraticamente eletti di Diyarbakır, Van e Mardin nel sud-est della Turchia sono stati sostituiti da governatori/amministratori provinciali nominati dal governo in quanto oggetto di indagini giudiziarie per presunti legami con il terrorismo;

F.  considerando che la sostituzione di Adnan Selçuk Mızraklı, Ahmet Türk, e di Bedia Özgökçe Eran da parte di governatori statali è motivo di grave preoccupazione poiché mette in discussione il rispetto dei risultati democratici delle elezioni del 31 marzo 2019; che altri 418 civili, principalmente consiglieri e dipendenti comunali di 29 diverse province della Turchia, sono stati arrestati il 18 agosto 2019 con accuse simili e non comprovate;

G.  considerando che, nel settembre 2016, la legge turca sui comuni è stata modificata nel quadro di un decreto di stato di emergenza per facilitare la revoca amministrativa dei sindaci accusati di avere legami con il terrorismo e sostituirli con governatori provinciali; che la commissione di Venezia ha invitato le autorità turche ad abrogare le disposizioni introdotte dal decreto legislativo turco n. 674 del 1º settembre 2016, che non sono strettamente richieste dallo stato di emergenza, in particolare quelle relative alle norme che consentono la copertura dei posti vacanti per le posizioni di sindaco, vicesindaco e consigliere comunale mediante nomine;

H.  considerando che il 9 aprile 2019, il YSK ha dichiarato che altri quattro sindaci e consiglieri comunali eletti nel sud-est della Turchia non erano idonei ad assumere l'incarico sebbene ne avesse convalidato le candidature prima delle elezioni del 31 marzo 2019, sostenendo che tali candidati erano stati in precedenza funzionari pubblici ed erano stati licenziati con decreto governativo; che, in seguito a tale decisione, il YSK ha attribuito tali posizioni ai candidati del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP); che la repressione dell'opposizione politica turca si inserisce in un contesto di riduzione dello spazio per le voci democratiche e in un contesto di continue misure da parte delle autorità turche volte a soffocare le voci dissenzienti, comprese quelle dei giornalisti, dei difensori dei diritti umani, del mondo accademico, dei giudici e degli avvocati;

I.  considerando che molte delle misure adottate sono sproporzionate, violano la legislazione nazionale turca e gli impegni di un paese membro del Consiglio d'Europa e sono in contrasto con il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; che oltre 150 000 persone sono state poste in custodia cautelare nel corso della repressione successiva al colpo di Stato e 78 000 sono state arrestate sulla base di accuse di terrorismo, mentre oltre 50 000 persone continuano a essere in carcere, nella maggior parte dei casi in assenza di prove definitive; che, a dicembre 2018, il numero totale di detenuti in carcere senza capi d'accusa o in attesa di giudizio era di circa 57 000; che oltre il 20 % della popolazione carceraria è detenuto per accuse legate al terrorismo, tra cui giornalisti, attivisti politici, avvocati e difensori dei diritti umani, il che ha portato a maggiori preoccupazioni circa l'indipendenza della magistratura;

J.  considerando che le decisioni del YSK di ripetere le elezioni per il sindaco di Istanbul e di accordare la carica di sindaco di singoli comuni del sud-est della Turchia a candidati che avevano riportato il secondo posto generano grandi preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda il rispetto della legalità e dell'integrità del processo elettorale e l'indipendenza dell'istituzione da interferenze politiche;

K.  considerando che il 3 settembre 2019 il ministro degli Interni turco ha annunciato che sarebbero stati pronunciati ulteriori ordini di destituzione di funzionari eletti, minacciando in particolare di sostituire il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamioğlu;

L.  considerando che il 6 settembre 2019 la presidente provinciale del Partito repubblicano del popolo (CHP), Canan Kaftancıoğlu, è stata condannata a 9 anni e 8 mesi di carcere con l'accusa di aver insultato il Presidente, di aver insultato funzionari pubblici, di aver umiliato lo Stato, di aver incitato il popolo all'ostilità e all'odio e di aver utilizzato i suoi social media per diffondere propaganda a favore di un'organizzazione terroristica tra il 2012 e il 2017;

M.  considerando che diverse manifestazioni pubbliche organizzate contro la revoca dei sindaci sono state vietate per motivi di sicurezza e che le manifestazioni che hanno avuto luogo sono state disperse con la forza dalla polizia, spesso con detenzioni di massa e azioni giudiziarie nei confronti dei partecipanti; che ciò è il risultato della legislazione introdotta immediatamente dopo la revoca dello stato di emergenza;

N.  considerando che la Turchia ha subito un certo numero di attacchi e un tentativo di colpo di Stato del 2016, in cui 248 persone sono state uccise;

1.  condanna la decisione adottata dalle autorità turche di revocare l’incarico di sindaci democraticamente eletti sulla base di prove opinabili; sottolinea che tali azioni continuano a compromettere la capacità dell'opposizione politica di esercitare i propri diritti e di svolgere i propri ruoli democratici; invita le autorità turche a rilasciare immediatamente e senza condizioni i membri dell'opposizione arrestati nel quadro della repressione di tutte le voci di dissenso nel paese e a ritirare tutte le accuse nei loro confronti;

2.  critica con forza l'arbitraria sostituzione dei rappresentanti eletti a livello locale con amministratori non eletti che sta ulteriormente compromettendo la struttura democratica del paese; invita le autorità turche a reintegrare tutti i sindaci e gli altri funzionari eletti che hanno vinto le elezioni locali il 31 marzo 2019 e a cui non è stato reso possibile assumere l'incarico o che sono stati licenziati o sostituiti con amministratori non eletti sulla base di accuse non suffragate;

3.  condanna fermamente la sentenza politicamente motivata nei confronti di Canan Kaftancıoğlu, che viene chiaramente punita per aver svolto un ruolo chiave nel successo della campagna elettorale del sindaco di Istanbul, e ne chiede l'immediata revoca;

4.  condanna le minacce delle autorità turche di revocare altri funzionari eletti e invita la Turchia ad astenersi da ulteriori atti di intimidazione;

5.  ribadisce l'importanza di buone relazioni con la Turchia che siano basate su valori condivisi, rispetto dei diritti umani, Stato di diritto, elezioni libere e democratiche, compresa la difesa dei risultati elettorali, libertà fondamentali e diritto universale a un processo equo; invita il governo turco a garantire i diritti umani di tutti coloro che vivono e lavorano in Turchia, compresi quanti necessitano di protezione internazionale;

6.  ribadisce la sua profonda preoccupazione per il progressivo deterioramento delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto in Turchia e condanna il ricorso alla detenzione arbitraria, a vessazioni amministrative e giudiziarie, ai divieti di viaggio oltre ad altri mezzi intesi a perseguitare migliaia di cittadini turchi, compresi politici e funzionari eletti, difensori dei diritti umani, dipendenti pubblici, membri di organizzazioni indipendenti della società civile, esponenti del mondo accademico e innumerevoli cittadini comuni; esprime preoccupazione per le segnalazioni di continui procedimenti penali e indagini in merito a reati di terrorismo eccessivamente generici e vaghi;

7.  esorta la Turchia a rendere la sua legislazione antiterrorismo conforme alle norme internazionali in materia di diritti umani; ribadisce che la legislazione antiterrorismo della Turchia, definita in termini generali, non dovrebbe essere utilizzata per punire i cittadini e i media per aver esercitato il diritto alla libertà di espressione o per rimuovere arbitrariamente i rappresentanti eletti e sostituirli con amministratori del governo;

8.  invita le autorità turche a rispettare i principi internazionali, garantendo il pluralismo e le libertà di associazione e di espressione, le migliori pratiche e a garantire un ambiente favorevole a quanti sono eletti attraverso l'espressione libera ed equa della volontà del popolo turco; sottolinea che tali decisioni violano il diritto ad elezioni libere, il diritto alla partecipazione politica e il diritto alla libertà di espressione nel quadro della CEDU;

9.  ribadisce la propria preoccupazione per l'uso eccessivo di procedimenti giudiziari contro i rappresentanti eletti a livello locale in Turchia e per la loro sostituzione da parte di funzionari nominati, pratica che compromette gravemente il corretto funzionamento della democrazia locale;

10.  invita il governo turco a garantire che tutti gli individui abbiano il diritto a un giusto processo e a far riesaminare i propri casi da un tribunale indipendente, conformemente alle norme internazionali, che possa garantire il ricorso, compresa una compensazione per i danni materiali e morali causati loro; invita la Turchia a garantire l'indipendenza operativa, strutturale e finanziaria dell'istituzione turca per i diritti umani e le pari opportunità e dell'istituzione del difensore civico turco, al fine di garantire la loro capacità di fornire reali opportunità di riesame e ricorso e di rispettare le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo;

11.  condanna il protrarsi dell'arresto di Selahattin Demirtal, leader dell’opposizione e candidato alla carica di presidente, e ne chiede il rilascio immediato e incondizionato; prende atto della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in merito al suo caso e in cui si chiede alle autorità turche di rilasciarlo immediatamente;

12.  manifesta grave preoccupazione per il controllo delle piattaforme dei social media e la chiusura di account di social media ad opera delle autorità turche;

13.  invita il SEAE e la Commissione a fornire al Parlamento un resoconto completo degli argomenti discussi durante il dialogo politico UE-Turchia del 13 settembre 2019;

14.  esorta il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la Commissione e gli Stati membri a continuare a portare la situazione dei membri dell'opposizione, dei difensori dei diritti umani, degli attivisti politici, degli avvocati, dei giornalisti e dei rappresentati del mondo accademico arrestati che si trovano in stato di detenzione all’attenzione dei loro interlocutori turchi, e a fornire loro sostegno diplomatico e politico, compresi l'osservazione dei processi e il monitoraggio dei casi; invita la Commissione e gli Stati membri ad aumentare il ricorso alle sovvenzioni di emergenza per i difensori dei diritti umani e a garantire la piena attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani;

15.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al presidente turco, al governo turco e al suo parlamento e chiede che la presente risoluzione sia tradotta in turco.

(1) GU C 224 del 27.6.2018, pag. 93.
(2) GU C 215 del 19.6.2018, pag. 199.
(3) GU C 463 del 21.12.2018, pag. 56.
(4) Testi approvati, P8_TA(2019)0200.


Myanmar/Birmania, in particolare la situazione dei rohingya
PDF 124kWORD 54k
Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sul Myanmar/Birmania, in particolare la situazione dei rohingya (2019/2822(RSP))
P9_TA(2019)0018RC-B9-0050/2019

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Myanmar/Birmania e sulla situazione dei rohingya, in particolare quelle del 21 maggio 2015(1), del 7 luglio 2016(2), del 15 dicembre 2016(3), del 14 settembre 2017(4), del 14 giugno 2018(5) e del 13 settembre 2018(6),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 26 febbraio 2018 sul Myanmar/Birmania nonché quelle del 10 dicembre 2018,

–  visto il quinto dialogo Unione europea-Myanmar/Birmania in materia di diritti umani tenutosi a Nay Pyi Taw, Myanmar/Birmania il 14 giugno 2019,

–  visti la Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sullo status dei rifugiati e il relativo Protocollo del 1967,

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948,

–  vista la relazione finale e le raccomandazioni della commissione consultiva sullo Stato di Rakhine guidata da Kofi Annan,

–  vista la relazione del Segretario generale del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale connessa ai conflitti, pubblicata il 23 marzo 2018 (S/2018/250),

–  viste la relazione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), dell'8 agosto 2018, sulle conclusioni dettagliate della missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti sul Myanmar/Birmania (UNIFFM) (A/HRC/42/50), la risoluzione dell'UNHRC, del 3 ottobre 2018, sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania dei musulmani rohingya e di altre minoranze (A/HRC/RES/39/2) e la relazione dell'UNHRC, del 7 agosto 2019, sul meccanismo investigativo indipendente delle Nazioni Unite per il Myanmar/Birmania (A/HRC/42/66),

–  vista la relazione della UNIFFM, del 22 agosto 2019, sulla violenza sessuale e di genere in Myanmar/Birmania e l'impatto di genere dei suoi conflitti etnici (A/HRC/42/CRP.4),

–  visti la Convenzione di Ginevra del 1949 e i relativi protocolli aggiuntivi,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

–  visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che, dal 2017, più di 700 000 rohingya sono fuggiti dal Myanmar/Birmania per ragioni di sicurezza raggiungendo il vicino Bangladesh a seguito di azioni di repressione, continue gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni generalizzate, stupri e incendi di villaggi perpetrati dai gruppi armati del Myanmar/Birmania nello Stato di Rakhine, luogo in cui viveva oltre 1 milione di rohingya;

B.  considerando che i rohingya sono ampiamente considerati una delle minoranze più perseguitate e costituiscono il gruppo di apolidi più numeroso, molti dei quali vivono attualmente nel più grande campo profughi del mondo, Kutupalong, a Cox's Bazar, in Bangladesh;

C.  considerando che i campi profughi in Bangladesh sono sovraffollati e risentono di condizioni igieniche precarie, forniscono un accesso limitato all'assistenza materna e all'assistenza sanitaria per donne e bambini e sono estremamente vulnerabili di fronte alle catastrofi naturali, tra cui frane e inondazioni; che la popolazione rohingya che vive nei campi profughi deve tuttora far fronte a gravi minacce e rischia fortemente di contrarre varie malattie e infezioni a causa della scarsa qualità del cibo e dell'acqua; che i bambini rohingya ancora non hanno un accesso sufficiente all'istruzione formale; che, nelle ultime settimane, i profughi rohingya in Bangladesh hanno subito limitazioni del loro diritto alla libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione; che i coprifuoco e l'interruzione delle comunicazioni potrebbero agevolare ulteriori gravi violazioni dei diritti umani nei loro confronti;

D.  considerando che si stima che circa 600 000 rohingya siano rimasti nello Stato di Rakhine, dove sono oggetto di continue politiche e pratiche discriminatorie, sistematiche violazioni dei loro diritti fondamentali e arresti arbitrari e dove sono confinati in campi sovraffollati, subiscono la mancanza della libertà di circolazione e una grave limitazione dell'accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria;

E.  considerando che dal giugno 2019, le autorità del Myanmar/Birmania hanno imposto un'interruzione totale delle telecomunicazioni alla parte settentrionale e centrale dello Stato di Rakhine e a Paletwa nello Stato di Chin; che sono presenti rigorosi controlli militari che limitano l'accesso allo Stato di Rakhine, nonché la copertura mediatica;

F.  considerando che il Myanmar/Birmania e il Bangladesh hanno annunciato piani di rimpatrio, che sono stati cancellati a causa della mancanza di garanzie; che i profughi sono stati profondamente traumatizzati e temono il rimpatrio; che tutti i rimpatri devono essere sicuri, volontari, dignitosi e sostenibili e in linea con il principio di non respingimento;

G.  considerando che il 27 agosto 2018 la UNIFFM ha pubblicato la sua relazione in cui ha concluso che contro i rohingya sono state commesse gravissime violazioni dei diritti umani e i più gravi crimini ai sensi del diritto internazionale, tra cui crimini contro l'umanità e verosimilmente genocidio; che il 10 dicembre 2018 il Consiglio ha espresso profonda preoccupazione per le conclusioni della UNIFFM; che il Myanmar/Birmania si è finora rifiutato di consentire l'ingresso nel paese a una missione di accertamento dei fatti istituita dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e ha impedito l'accesso al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania;

H.  considerando che, secondo la più recente relazione della UNIFFM, del 16 settembre 2019, le azioni del governo del Myanmar/Birmania continuano a iscriversi nel quadro di un attacco diffuso e sistematico che equivale a persecuzioni e altri crimini contro l'umanità ai danni dei rohingya che ancora vivono nello Stato di Rakhine; che, inoltre, nella sua relazione del 22 agosto 2019, l'UNIFFM ha riferito di gravi episodi di violenze sessuali e di genere deliberati e continuati, tra cui lo stupro sistematico, lo stupro di gruppo e atti sessuali forzati, perpetrati dalle forze militari e dalle forze di sicurezza del Myanmar/Birmania contro le donne, i bambini e le persone transgender rohingya, come parte di una campagna di pulizia volta a terrorizzare e punire le minoranze etniche; che la violenza sessuale è usata per dividere intere comunità e dissuadere le donne e le ragazze dal tornare alle loro case; che nei campi le vittime di stupro possono trovarsi ad affrontare l'esclusione sociale da parte delle loro comunità;

I.  considerando che l'UE ha chiesto ripetutamente che i responsabili di tali reati rispondano dei loro atti e ha promosso e patrocinato le risoluzioni adottate il 27 settembre 2018 dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e il 16 novembre 2018 dal Terzo comitato dell'Assemblea generale dell'ONU; che le autorità del Myanmar/Birmania rifiutano di procedere a indagini serie in merito alle violazioni dei diritti umani contro i rohingya e di chiamare i responsabili di tali atti a risponderne; che il Myanmar/Birmania continua a negare che tali violazioni dei diritti si siano mai verificate; che i più alti esponenti militari che hanno sovrinteso agli attacchi contro la popolazione rohingya conservano il loro posto; che le autorità rifiutano di cooperare con i meccanismi delle Nazioni Unite;

J.  considerando che il 29 aprile 2019 il Consiglio ha prorogato di un anno, fino al 30 aprile 2020, le misure restrittive imposte al Myanmar/Birmania, tra cui il congelamento dei beni e i divieti di viaggio nei confronti di 14 alti funzionari militari, guardie di frontiera e funzionari di polizia del Myanmar/Birmania responsabili di violazioni dei diritti umani commesse contro la popolazione rohingya, le minoranze etniche dei villaggi e i civili negli Stati Rakhine, Kachin e Shan;

K.  considerando che il popolo rohingya è ufficialmente apolide dall'introduzione, nel 1982, delle leggi birmane sulla cittadinanza che privano i rohingya dei diritti civili, politici e socioeconomici fondamentali, quali la libertà di circolazione, la partecipazione politica, l'occupazione e l'assistenza sociale; che, secondo le stime, l'accesso alla cittadinanza è negato a 1,1 milioni di rohingya; che i rohingya, in caso di rimpatrio, sarebbero obbligati a firmare una carta di verifica nazionale che li priverebbe della cittadinanza del Myanmar/Birmania;

1.  ribadisce la sua ferma condanna di tutte le violazioni dei diritti umani, passate e presenti, e gli attacchi diffusi e sistematici, tra cui uccisioni, vessazioni, stupri e distruzione di proprietà, che secondo la documentazione della UNIFFM e dell'Ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani costituiscono un genocidio, crimini contro l'umanità e di guerra perpetrati dalle forze armate contro la popolazione rohingya; condanna duramente la risposta sproporzionata delle forze militari e delle forze di sicurezza; sottolinea che le autorità militari hanno costantemente violato il diritto internazionale in materia di diritti umani e il diritto internazionale umanitario;

2.  esprime profonda preoccupazione per il conflitto e le violazioni tuttora in corso, nonché per le segnalazioni di violenze sessuali e di genere commesse contro i rohingya in Myanmar/Birmania da parte delle forze armate; condanna tali violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto in materia di diritti umani e chiede nuovamente al governo del Myanmar/Birmania, guidato da Aung San Suu Kyi, e alle forze di sicurezza di porre immediatamente fine alle continue violazioni, uccisioni e violenze sessuali e di genere perpetrate contro i rohingya e altri gruppi etnici;

3.  condanna la continua discriminazione dei rohingya nonché le gravi restrizioni alla libertà di circolazione e la privazione dei servizi di base di cui sono oggetto in Myanmar/Birmania; sottolinea che la libertà dei media e il giornalismo critico sono pilastri fondamentali della democrazia, essenziali per promuovere il buon governo, la trasparenza e l'attribuzione delle responsabilità; chiede al governo del Myanmar/Birmania di accordare agli osservatori internazionali, tra cui il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar/Birmania, gli osservatori indipendenti e le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, pieno accesso, senza restrizioni, agli Stati Rakhine, Kachin e Shan, al fine di garantire lo svolgimento di indagini indipendenti e imparziali sulle accuse di gravi violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti, come pure di porre fine all'interruzione di Internet nei restanti quattro distretti di Ponnagyun, Mrauk-U, Kyuaktaw e Minbya;

4.  chiede alle autorità del Myanmar/Birmania di creare le condizioni e le garanzie per un rimpatrio sicuro, volontario, dignitoso e sostenibile, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, dei rohingya che intendono far ritorno nella propria terra d'origine; esorta i governi del Myanmar/Birmania e del Bangladesh a rispettare pienamente il principio di non respingimento; esorta il governo del Myanmar/Birmania a riconoscere la piena cittadinanza dei rohingya, con i diritti e le garanzie costituzionali che ne conseguono, nonché ad attuare pienamente e senza indugio le raccomandazioni della commissione consultiva sullo Stato di Rakhine; invita inoltre il governo del Myanmar/Birmania ad avviare un dialogo con i rappresentanti dei rohingya e riconoscere i rohingya come uno dei 135 gruppi etnici giuridicamente riconosciuti in Myanmar/Birmania;

5.  prende atto dell'operato del quinto dialogo tra l'Unione europea e il Myanmar/Birmania in materia di diritti umani; osserva che le discussioni hanno affrontato un'ampia gamma di questioni relative ai diritti umani, tra cui l'assunzione di responsabilità per le violazioni dei diritti umani, la situazione negli Stati Rakhine, Kachin e Shan, in particolare per quanto riguarda l'accesso umanitario, i diritti e le libertà fondamentali, le necessità degli sfollati, i diritti economici e sociali, la migrazione e la cooperazione in materia di diritti umani nei consessi multilaterali; si rammarica che il dialogo non abbia avuto effetto sulla situazione in loco;

6.  chiede al governo e alle forze armate del Myanmar/Birmania di consentire lo svolgimento di indagini credibili e indipendenti sulle accuse di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani; sottolinea che gli autori di tali crimini devono essere consegnati alla giustizia senza indugi;

7.  invita nuovamente il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e gli Stati membri a chiedere, nei consessi multilaterali, l'accertamento delle responsabilità per i reati commessi in Myanmar/Birmania; accoglie con favore, a tal proposito, il ruolo guida assunto dall'UE nell'istituzione del meccanismo investigativo indipendente delle Nazioni Unite per il Myanmar/Birmania (IIMM), volto a raccogliere, consolidare, preservare e analizzare le prove dei più gravi crimini internazionali e violazioni commessi in Myanmar/Birmania dal 2011; invita il Myanmar/Birmania a cooperare con gli sforzi internazionali volti a garantire l'assunzione di responsabilità, anche consentendo l'accesso al paese all'IIMM, attivato di recente; invita l'UE, i suoi Stati membri e la comunità internazionale a garantire che l'IIMM disponga del sostegno necessario, anche in termini finanziari, per eseguire il suo mandato;

8.  accoglie positivamente l'adozione di sanzioni da parte del Consiglio "Affari esteri" dell'UE, il 24 giugno 2018 e il 21 dicembre 2018, contro militari e funzionari delle Forze armate del Myanmar/Birmania (Tatmadaw), nonché della guardia di frontiera e della polizia, responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti dei rohingya e si attende che tali individui siano oggetto di un riesame costante nel quadro del regime di sanzioni; invita nuovamente il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a imporre un embargo globale sulle armi al Myanmar/Birmania e ad adottare sanzioni mirate nei confronti delle persone fisiche e giuridiche che risultano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani;

9.  rammenta al governo del Myanmar/Birmania che è tenuto a rispettare i propri obblighi e impegni in materia di principi democratici e diritti umani fondamentali, che costituiscono una componente essenziale del programma "Tutto tranne le armi" (EBA); si attende che la Commissione avvii un'indagine a tal proposito; si rammarica che la Commissione non abbia ancora proceduto in tal senso;

10.  accoglie positivamente la decisione della Corte penale internazionale (CPI) relativa alla sua giurisdizione sulla deportazione dei rohingya dal Myanmar/Birmania nonché la decisione del procuratore capo della CPI di avviare un'indagine preliminare sui reati di competenza della Corte commessi nei confronti dei rohingya dall'ottobre 2016; invita le autorità del Myanmar/Birmania a collaborare con la CPI; invita il Myanmar/Birmania a ratificare lo Statuto di Roma della CPI; invita il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a deferire alla CPI la situazione in Myanmar/Birmania, compresi tutti i reati di competenza della CPI commessi nei confronti dei rohingya, o a creare un tribunale penale internazionale ad hoc; invita nuovamente l'UE e i suoi Stati membri ad assumere un ruolo guida in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in merito alla richiesta di deferire alla CPI la situazione in Myanmar/Birmania; invita inoltre l'UE e i suoi Stati membri ad unirsi e fornire sostegno agli sforzi volti all'avvio di un procedimento dinanzi alla Corte internazionale di giustizia sulla possibile violazione, da parte del Myanmar/Birmania, della Convenzione delle Nazioni Unite contro il genocidio;

11.  invita l'UE e i suoi Stati membri a promuovere l'adozione di una risoluzione sul Myanmar/Birmania in occasione della prossima sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite;

12.  elogia gli sforzi intrapresi dal governo e dalla popolazione del Bangladesh per offrire rifugio e sicurezza ai profughi rohingya e li incoraggia a continuare a fornire assistenza umanitaria ai profughi provenienti dal Myanmar/Birmania; invita le autorità del Bangladesh a garantire ai bambini rohingya pieno accesso, senza discriminazioni, a un'istruzione di qualità, come pure a porre fine alle restrizioni imposte all'accesso a Internet e alle comunicazioni online nonché alla libertà di circolazione e a garantire che le forze di sicurezza operative nei campi rispettino tutte le norme di protezione della sicurezza personale dei profughi;

13.  accoglie positivamente l'erogazione da parte dell'UE, all'inizio di settembre 2019, di 2 milioni di EUR in aiuti alimentari al programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite per i campi rohingya di Cox's Bazar, ma chiede al Consiglio e alla Commissione, alla luce delle necessità in loco, di continuare a compiere sforzi in tal senso; ricorda che la responsabilità finanziaria dell'assistenza alla popolazione di profughi non dovrebbe ricadere in misura sproporzionata sul Bangladesh; chiede un ulteriore sostegno internazionale per le comunità che ospitano i profughi, anche inteso ad affrontare le sfide sociali, educative, economiche e sanitarie interne;

14.  rammenta inoltre la necessità di fornire assistenza medica e psicologica nei campi profughi, mirata in particolare ai gruppi vulnerabili, tra cui donne e bambini; chiede maggiori servizi di sostegno per le vittime di stupro e di aggressione sessuale;

15.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Myanmar/Birmania, al consigliere di Stato Aung San Suu Kyi, al governo e al parlamento del Bangladesh, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri dell'UE, al Segretario generale dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), alla commissione intergovernativa dell'ASEAN sui diritti umani, al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Myanmar/Birmania, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.

(1) GU C 353 del 27.9.2016, pag. 52.
(2) GU C 101 del 16.3.2018, pag. 134.
(3) GU C 238 del 6.7.2018, pag. 112.
(4) GU C 337 del 20.9.2018, pag. 109.
(5) Testi approvati, P8_TA(2018)0261.
(6) Testi approvati, P8_TA(2018)0345.


Iran, in particolare la situazione dei difensori dei diritti delle donne e delle persone con doppia cittadinanza detenute
PDF 125kWORD 55k
Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull'Iran, in particolare la situazione dei difensori dei diritti delle donne e dei detenuti con doppia cittadinanza UE-iraniana (2019/2823(RSP))
P9_TA(2019)0019RC-B9-0089/2019

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'Iran, in particolare quelle concernenti i diritti umani e, segnatamente, le risoluzioni del 14 marzo 2019 sull'Iran, in particolare il caso dei difensori dei diritti umani(1), del 13 dicembre 2018 sull'Iran, in particolare il caso di Nasrin Sotoudeh(2), del 31 maggio 2018 sulla situazione delle persone con doppia cittadinanza UE-iraniana(3), del 25 ottobre 2016 sulla strategia dell'UE nei confronti dell'Iran dopo l'accordo nucleare(4), del 3 aprile 2014 sulla strategia dell'UE nei confronti dell'Iran(5), dell'8 ottobre 2015 sulla pena di morte(6) e del 17 novembre 2011 sull'Iran – casi recenti di violazioni dei diritti umani(7),

–  viste le conclusioni del Consiglio sull'Iran del 4 febbraio 2019 e il regolamento di esecuzione (UE) 2019/560 del Consiglio, dell'8 aprile 2019, che attua il regolamento (UE) n. 359/2011 concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Iran, che proroga di un anno le misure restrittive in relazione a gravi violazioni dei diritti umani in Iran, fino al 13 aprile 2020(8),

–  vista la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, dell'8 febbraio 2019, sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran,

–  viste le relazioni del relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran del settembre 2018, del 30 gennaio 2019 e del 18 luglio 2019, e la sua dichiarazione, rilasciata il 16 agosto 2019, sulla detenzione e le lunghe pene di reclusione cui sono state condannate Mojgan Keshavarz, Monireh Arabshahi e Yasaman Aryani, tre donne iraniane detenute in modo arbitrario per aver protestato pubblicamente contro l'uso obbligatorio del velo,

–  vista la dichiarazione del 29 novembre 2018 a cura di esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, dal titolo "Iran must protect women's rights advocates" (L'Iran deve proteggere i difensori dei diritti delle donne),

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla pena di morte, sulla tortura, sulla libertà di espressione, sia online che offline, e sui difensori dei diritti umani,

–  vista la dichiarazione rilasciata il 12 marzo 2019 dal portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulla condanna dell'avvocatessa iraniana per i diritti umani Nasrin Sotoudeh,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (ICCPR), di cui l'Iran è parte,

–  vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 17 dicembre 2018 sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran,

–  visto il nuovo quadro strategico e piano di azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia, che mira a porre la tutela e il monitoraggio dei diritti umani al centro di tutte le politiche dell'UE,

–  visto il "Corpus dei principi per la protezione di tutte le persone sottoposte a qualsiasi forma di detenzione o imprigionamento", adottato dalle Nazioni Unite nel 1988,

–  viste le regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti (le "regole Nelson Mandela") del 2015,

–  vista la Carta dei diritti dei cittadini del Presidente iraniano,

–  visti l'articolo 144, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che negli ultimi mesi i tribunali rivoluzionari iraniani hanno notevolmente inasprito la repressione degli atti pacifici di resistenza da parte dei difensori dei diritti delle donne che protestano contro l'obbligo di indossare l'hijab, aumentando tra l'altro la durata delle pene detentive; che, secondo le Nazioni Unite, dal 2018 almeno 32 persone sono state arrestate e almeno 10 incarcerate per aver protestato contro l'uso obbligatorio dell'hijab;

B.  considerando che le attiviste iraniane Mojgan Keshavarz, Monireh Arabshahi e Yasaman Aryani sono state arbitrariamente incarcerate nell'aprile 2019 dopo la pubblicazione di un video online in cui appaiono a capo scoperto, in segno di protesta pacifica contro le leggi iraniane sul velo obbligatorio, mentre porgono fiori nella metropolitana di Teheran l'8 marzo 2019, giornata internazionale della donna; che Sahar Khodayari, una donna iraniana arrestata per aver tentato di assistere a una partita di calcio in uno stadio, si è data fuoco per protesta dopo aver appreso di poter incorrere per le sue azioni in una pena detentiva di sei mesi;

C.  considerando che nell'agosto 2019 Mojgan Keshavarz, Yasaman Aryani, Monireh Arabshahi e Saba Kord-Afshari sono state condannate a pene detentive da 16 a 24 anni; che è stato negato loro l'accesso agli avvocati durante la fase iniziale dell'indagine e che ai loro rappresentanti legali sarebbe stato vietato di rappresentarle nel processo; che le loro pene sono direttamente connesse all'esercizio pacifico del diritto alla libertà di espressione e di riunione in difesa della parità di genere in Iran;

D.  considerando che il 27 agosto 2019 il tribunale di primo grado ha condannato tre donne attiviste per i diritti del lavoro – Sepideh Gholian, Sanaz Allhyari e Asal Mohammadi – con l'accusa, tra l'altro, di "associazione e collusione con l'intento di agire contro la sicurezza nazionale"; che il 24 e 31 agosto è emerso che Marzieh Amiri e Atefeh Rangriz, due donne impegnate nella difesa dei diritti dei lavoratori che erano state arrestate in una manifestazione pacifica della Festa del lavoro, sono state condannate rispettivamente a 10 anni e mezzo di carcere e 148 frustate e a 11 anni e mezzo di carcere e 74 frustate, con l'accusa di "associazione e collusione con l'intento di agire contro la sicurezza nazionale", "propaganda contro lo Stato" e "disturbo dell'ordine pubblico";

E.  considerando che l'Iran non ha ancora ratificato la convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite; che in Iran è in vigore una serie di leggi discriminatorie, segnatamente le disposizioni giuridiche relative allo status personale;

F.  considerando che cittadini con doppia cittadinanza UE-iraniana continuano a subire arresti, accompagnati da lunghi periodi di isolamento e interrogatori, dalla mancata garanzia di un processo equo e giusto e da sentenze di condanna a lunghe pene detentive fondate su accuse vaghe o non precisate che adducono motivi di "sicurezza nazionale" e "spionaggio", nonché da campagne denigratorie promosse dallo Stato nei confronti delle persone incarcerate; che l'Iran non riconosce la doppia nazionalità, il che limita l'accesso delle ambasciate straniere ai propri cittadini detenuti nel paese;

G.  considerando che almeno sei persone con doppia cittadinanza UE-iraniana, compresi Nazanin Zaghari-Ratcliffe, Ahmadreza Djalali, Kamal Ahmady, Kamran Ghaderi, Massud Mossaheb e Morad Tahbaz, sono attualmente detenute in Iran,

H.  considerando che Nazanin Zaghari-Ratcliffe, cittadina iraniano-britannica dipendente presso la fondazione Thomson Reuters, è imprigionata illegalmente in Iran dal 3 aprile 2016, essendo stata detenuta illecitamente per mesi con l'accusa di spionaggio ed essendole stato successivamente negato un processo libero ed equo; che Nazanin Zaghari-Ratcliffe è stata ripetutamente privata di cure mediche, con conseguente deterioramento della sua salute fisica e mentale; che le è stato di recente negato l'accesso alle telefonate internazionali e che le sue visite familiari sono state limitate a una al mese;

I.  considerando che, dall'11 agosto 2019, l'antropologo sociale iraniano-britannico Kameel Ahmady è detenuto in carcere a Teheran per motivi non resi noti; che nel gennaio 2018 l'imprenditore Morad Tahbaz, di nazionalità iraniana, britannica e statunitense, è stato detenuto con almeno nove ambientalisti sulla base di presunti atti di spionaggio;

J.  considerando che Ahmadreza Djalali, scienziato e fisico svedese di origini iraniane, è detenuto nel carcere di Evin dall'aprile 2016 ed è stato condannato a morte nell'ottobre 2017 con l'accusa di spionaggio, sulla base di una presunta confessione forzata;

K.  considerando che Kamran Ghaderi, cittadino iraniano e austriaco, era l'amministratore delegato di una società informatica austriaca quando fu arrestato da agenti dei servizi segreti al suo arrivo all'aeroporto internazionale di Teheran il 2 gennaio 2016 e condannato a 10 anni di reclusione con l'accusa di "spionaggio per Stati nemici";

L.  considerando che l'11 marzo 2019 Nasrin Sotoudeh, vincitrice del premio Sacharov 2012, impegnata nella difesa dei diritti umani e avvocatessa, è stata condannata in contumacia a 38 anni di carcere e 148 frustate, tra l'altro per il suo lavoro in difesa delle donne accusate di aver protestato contro l'hijab; che più di un milione di persone hanno aderito a una campagna globale per chiedere al governo iraniano il rilascio di Nasrin Sotoudeh;

M.  considerando che nell'ottobre 2016 Atena Daemi e Golrock Ebrahimi Iraee sono state condannate a sei anni di detenzione; che nel settembre 2019 si sono viste aggiungere due anni supplementari di condanna con l'accusa di aver insultato il leader supremo; che tale sentenza sarebbe stata comminata come ritorsione per le proteste delle attiviste per i diritti delle donne in carcere;

N.  considerando che sono stati segnalati numerosi casi relativi a condizioni disumane e degradanti, in particolare nel carcere di Evin, e alla mancanza di un accesso adeguato alle cure mediche durante la detenzione in Iran, in violazione delle norme minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti;

O.  considerando che in Iran i difensori dei diritti umani, i giornalisti, gli avvocati, gli ambientalisti, i sindacalisti e gli attivisti online sono continuamente soggetti a vessazioni, arresti arbitrari, detenzione e persecuzione per via del loro lavoro;

P.  considerando che le autorità iraniane continuano a criminalizzare l'attivismo a difesa dei diritti umani e ricorrono all'articolo 48 del codice di procedura penale per limitare l'accesso dei detenuti all'assistenza legale di loro scelta e negare loro l'assistenza consolare; che non esistono meccanismi indipendenti per garantire la rendicontabilità in seno alla magistratura;

Q.  considerando che l'Unione europea ha adottato misure restrittive in risposta alle violazioni dei diritti umani, tra cui il congelamento dei beni e il divieto di rilascio del visto per le persone e le entità responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, nonché il divieto di esportare verso l'Iran attrezzature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e attrezzature per la sorveglianza delle telecomunicazioni; che tali misure sono regolarmente aggiornate e restano in vigore;

R.  considerando che l'Iran continua ad applicare con frequenza la pena di morte; che Narges Mohammadi, insignita del premio Per Anger, sta attualmente scontando una condanna a sedici anni di reclusione per la sua campagna a favore dell'abolizione della pena di morte e per aver lavorato con Shirin Ebadi, vincitrice del premio Nobel;

1.  chiede alle autorità iraniane di annullare tutte queste sentenze e rilasciare immediatamente e incondizionatamente Mojgan Keshavarz, Yasaman Aryani, Monireh Arabshahi, Saba Kord-Afshari e Atena Daemi, impegnate nella difesa dei diritti delle donne che protestano contro l'uso obbligatorio dell'hijab; chiede inoltre il rilascio di Nasrin Sotoudeh, Narges Mohammadi, Sepideh Gholian, Sanaz Allahyari, Asal Mohammadi, Marzieh Amiri e Atefeh Rangriz e di tutti i difensori dei diritti umani detenuti e condannati semplicemente per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica;

2.  condanna con la massima fermezza la repressione in corso nei confronti delle donne che si oppongono al velo obbligatorio ed esercitano il diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica; invita il governo iraniano a rispettare la libertà delle donne iraniane di scegliere il proprio codice di abbigliamento;

3.  sottolinea che le autorità iraniane devono garantire in ogni circostanza che i difensori dei diritti umani, gli avvocati e i giornalisti siano in grado di svolgere il proprio lavoro senza minacce, intimidazioni e ostacoli e chiede alla magistratura iraniana di cessare le costanti vessazioni; esorta la magistratura iraniana a porre fine alla censura online e a rispettare i diritti umani universali di tutti i cittadini, in particolare il diritto alla libertà di espressione online e offline;

4.  rende omaggio ed esprime sostegno alle donne attiviste dei diritti umani che continuano a difendere tali diritti nonostante le difficoltà e le ripercussioni personali che si trovano ad affrontare;

5.  esprime profondo rammarico per la mancanza di progressi nei casi riguardanti cittadini iraniani aventi doppia cittadinanza UE-iraniana detenuti in Iran; chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti i cittadini con doppia cittadinanza UE-iraniana, compresi Nazanin Zaghari-Ratcliffe, Ahmadreza Djalali, Kamal Ahmady, Kamran Ghaderi, Massud Mossaheb e Morad Tahbaz, attualmente detenuti in carceri iraniane, a meno che non siano giudicati nuovamente in conformità delle norme internazionali; condanna la pratica costantemente messa in atto della magistratura iraniana di incarcerare persone con doppia cittadinanza UE-iraniana a seguito di processi iniqui;

6.  esorta le autorità iraniane a cooperare senza ulteriori indugi con le ambasciate degli Stati membri dell'Unione europea a Teheran per stilare un elenco completo delle persone con doppia cittadinanza UE-iraniana attualmente detenute nelle carceri del paese e a seguire attentamente ogni singolo caso, dal momento che la sicurezza dei cittadini e la tutela dei loro diritti fondamentali rivestono la massima importanza per l'Unione;

7.  esorta le autorità iraniane a rivedere le disposizioni giuridiche che discriminano le donne, in particolare quelle relative al loro status personale; accoglie con favore l'introduzione in parlamento del progetto di legge sulla protezione delle donne contro la violenza e sottolinea la necessità di una legislazione onnicomprensiva che definisca e criminalizzi specificamente tutte le forme di violenza di genere contro le donne;

8.  invita le autorità iraniane a garantire che alle donne sia consentito l'accesso a tutti gli stadi, senza discriminazioni o rischi di persecuzione;

9.  reitera la richiesta rivolta alle autorità iraniane affinché modifichino l'articolo 48 del codice di procedura penale del paese onde garantire che tutti gli imputati abbiano il diritto di essere rappresentati da un avvocato di loro scelta e di essere sottoposti a un processo equo, in linea con gli impegni assunti dall'Iran nel quadro del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici;

10.  invita il parlamento iraniano a modificare le leggi sui reati contro la sicurezza nazionale cui viene fatto ricorso sistematico per perseguire difensori dei diritti umani, giornalisti, ambientalisti, sindacalisti e membri di minoranze religiose ed etniche e che sono in contrasto con il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici ratificato dall'Iran;

11.  condanna la pratica costante di negare intenzionalmente le cure mediche ai detenuti; deplora la tortura sistematica nelle prigioni iraniane e chiede l'immediata cessazione di ogni forma di tortura e maltrattamento ai danni di tutti i detenuti; condanna la pratica di negare ai detenuti l'accesso alle telefonate e alle visite dei familiari;

12.  sollecita le autorità iraniane a garantire la piena e incondizionata attuazione del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui il paese è firmatario; esorta le autorità iraniane ad aderire alla convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna;

13.  prende atto delle modifiche alla legislazione in materia di traffico di stupefacenti, che dovrebbero ridurre il numero di condanne a morte;

14.  condanna fermamente il ricorso alla pena di morte, in particolare nei confronti di minorenni autori di reati; chiede alle autorità iraniane di introdurre una moratoria immediata quale passo fondamentale verso la sua abolizione;

15.  chiede all'Iran di cooperare con il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, anche autorizzandolo a entrare nel paese;

16.  incoraggia le ambasciate dell'UE accreditate a Teheran a coordinarsi strettamente; esorta tutti gli Stati membri che dispongono di una rappresentanza diplomatica a Teheran ad avvalersi dei meccanismi previsti dagli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani al fine di sostenere e proteggere queste persone, in particolare i difensori dei diritti delle donne, nonché i cittadini dell'UE con doppia cittadinanza, anche attraverso dichiarazioni pubbliche, iniziative diplomatiche, monitoraggio dei processi e visite presso le carceri;

17.  invita l'UE, compresa la vicepresidente della Commissione/alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, a continuare a sollevare questioni relative ai diritti umani con le autorità iraniane nelle sedi bilaterali e multilaterali e ad avvalersi a tal fine di tutti i contatti previsti con le autorità iraniane, in particolare nel contesto del dialogo politico ad alto livello UE-Iran;

18.  invita il SEAE a riferire sul seguito dato alle precedenti risoluzioni del Parlamento europeo sull'Iran;

19.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla vicepresidente della Commissione/alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al governo e al parlamento dell'Iran.

(1) Testi approvati, P8_TA(2019)0204.
(2) Testi approvati, P8_TA(2018)0525.
(3) Testi approvati, P8_TA(2018)0231.
(4) GU C 215 del 19.6.2018, pag. 86.
(5) GU C 408 del 30.11.2017, pag. 39.
(6) GU C 349 del 17.10.2017, pag. 41.
(7) GU C 153 E del 31.5.2013, pag. 157.
(8) GU L 98 del 9.4.2019, pag. 1.


Brevettabilità delle piante e dei procedimenti essenzialmente biologici
PDF 118kWORD 52k
Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sulla brevettabilità delle piante e dei procedimenti essenzialmente biologici (2019/2800(RSP))
P9_TA(2019)0020RC-B9-0040/2019

Il Parlamento europeo,

–  vista la sua risoluzione del 10 maggio 2012 sui brevetti per procedimenti essenzialmente biologici(1),

–  vista la sua risoluzione del 17 dicembre 2015 sui brevetti e la privativa per i ritrovati vegetali(2),

–  vista la direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche(3), in particolare l'articolo 4, il quale stabilisce che i prodotti ottenuti da procedimenti essenzialmente biologici non sono brevettabili,

–  vista la convenzione sul brevetto europeo (CBE) del 5 ottobre 1973, in particolare l'articolo 53, lettera b),

–  visto il regolamento di esecuzione della convenzione sul brevetto europeo, in particolare l'articolo 26, a norma del quale la direttiva 98/44/CE costituisce uno strumento complementare di interpretazione per le domande di brevetto europeo e per i brevetti in materia di invenzioni biotecnologiche,

–  vista la comunicazione della Commissione dell'8 novembre 2016 relativa a determinati articoli della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche(4),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 1° marzo 2017 sulla comunicazione della Commissione relativa a determinati articoli della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche(5),

–  vista la decisione del consiglio di amministrazione dell'Organizzazione europea dei brevetti del 29 giugno 2017 che modifica gli articoli 27 e 28 del regolamento di esecuzione della convenzione sul brevetto europeo (CA/D 6/17)(6),

–  visto il deferimento di varie questioni relative alla decisione T 1063/18 della commissione tecnica di ricorso 3.3.04 dell'Ufficio europeo dei brevetti (UEB), del 5 dicembre 2018, alla commissione di ricorso allargata dell'UEB da parte del presidente dell'UEB(7),

–  visto il regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali(8) (in appresso "regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio"), in particolare l'articolo 15, lettere c) e d),

–  visto l'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, ivi compreso il commercio delle merci contraffatte (TRIPS), in particolare l'articolo 27, paragrafo 3,

–  visti l'articolo 136, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che il libero accesso al materiale vegetale (comprese le caratteristiche vegetali) è assolutamente essenziale per la capacità innovativa dei settori europei della selezione vegetale e dell'agricoltura, per la loro competitività e per lo sviluppo di nuove varietà vegetali al fine di garantire la sicurezza alimentare globale, affrontare i cambiamenti climatici e impedire i monopoli nel settore della selezione vegetale, fornendo nel contempo maggiori opportunità alle PMI e agli agricoltori;

B.  considerando che qualsiasi restrizione o tentativo di ostacolare l'accesso alle risorse genetiche può portare a un'eccessiva concentrazione di mercato nel settore della selezione vegetale, a scapito della concorrenza sul mercato, dei consumatori, del mercato interno europeo e della sicurezza alimentare;

C.  considerando che i brevetti relativi a prodotti derivati da procedimenti essenzialmente biologici o al materiale genetico necessario per la selezione convenzionale compromettono l'esclusione prevista all'articolo 53, lettera b), della convenzione sul brevetto europeo e all'articolo 4 della direttiva 98/44/CE;

D.  considerando che i prodotti derivanti da procedimenti essenzialmente biologici, quali piante, sementi, caratteristiche autoctone e geni, devono essere esclusi dalla brevettabilità;

E.  considerando che la selezione vegetale e animale costituisce un processo praticato dagli agricoltori e dalle comunità agricole fin dalle origini dell'agricoltura e che l'impiego senza restrizioni di varietà e metodi di selezione è importante ai fini della diversità genetica;

F.  considerando che la direttiva 98/44/CE disciplina le invenzioni biotecnologiche, in particolare l'ingegneria genetica;

G.  considerando che, nella sua comunicazione dell'8 novembre 2016, la Commissione conclude che l'intenzione del legislatore dell'UE, in sede di adozione della direttiva 98/44/CE, era di escludere dalla brevettabilità i prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici;

H.  considerando che il Consiglio, nelle sue conclusioni del 3 febbraio 2017, accoglie con favore la comunicazione della Commissione; che tutti i legislatori dell'UE coinvolti hanno chiarito esplicitamente che l'intenzione del legislatore dell'UE, in sede di adozione della direttiva 98/44/CE, era di escludere dalla brevettabilità i prodotti derivati da procedimenti essenzialmente biologici;

I.  considerando che il 29 giugno 2017 il consiglio di amministrazione dell'UEB ha modificato gli articoli 27 e 28 del regolamento di esecuzione della convenzione sul brevetto europeo(9), stabilendo che i brevetti relativi alle piante e agli animali sono vietati;

J.  considerando che 38 Stati contraenti della convenzione sul brevetto europeo hanno confermato che le rispettive legislazioni e prassi nazionali sono allineate per escludere di fatto dalla brevettabilità i prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici;

K.  considerando che gli Stati contraenti della convenzione sul brevetto europeo hanno espresso preoccupazione in merito all'incertezza giuridica causata dalla decisione T 1063/18(10) del 5 dicembre 2018 della commissione tecnica di ricorso 3.3.04;

L.  considerando che tale decisione è stata deferita alla commissione di ricorso allargata dell'UEB durante la 159a riunione del consiglio di amministrazione svoltasi nel marzo 2019;

M.  considerando che numerose domande relative a prodotti ottenuti da procedimenti essenzialmente biologici sono in attesa di una decisione da parte dell'UEB e che i richiedenti, nonché tutti coloro che saranno interessati da questi brevetti, hanno urgentemente bisogno di certezza giuridica relativamente alla validità dell'articolo 28, paragrafo 2;

N.  considerando che il regime internazionale della privativa per ritrovati vegetali basato sulla convenzione UPOV del 1991 e il regime dell'UE basato sul regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio stabiliscono quale principio fondamentale il fatto che il titolare di una privativa per ritrovati vegetali non può impedire ad altri di utilizzare la varietà vegetale protetta per altre attività di selezione;

1.  esprime profonda preoccupazione per la decisione della commissione tecnica di ricorso 3.3.04 dell'UEB del 5 dicembre 2018 (T 1063/18), che crea una situazione di incertezza giuridica;

2.  ribadisce che le varietà vegetali e animali, incluse parti e caratteristiche, i procedimenti essenzialmente biologici e i prodotti derivanti da tali procedimenti non sono in alcun modo brevettabili, conformemente alla direttiva 98/44/CE e all'intenzione del legislatore dell'UE;

3.  ritiene che le norme decisionali interne dell'UEB non debbano pregiudicare il controllo politico democratico del diritto brevettuale europeo e la sua interpretazione e l'intento del legislatore precisato nella comunicazione dell'8 novembre 2016 della Commissione relativa a determinati articoli della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche;

4.  ritiene che qualsiasi tentativo di brevettare prodotti derivati da metodi di selezione convenzionali, compresi l'incrocio e la selezione, o il materiale genetico necessario per la selezione convenzionale comprometta l'esclusione prevista all'articolo 53, lettera b), della convenzione sul brevetto europeo e all'articolo 4 della direttiva 98/44/CE;

5.  invita la Commissione e gli Stati membri a fare tutto il possibile per ottenere la certezza giuridica per quanto riguarda il divieto di brevettabilità da parte dell'UEB dei prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici;

6.  accoglie con favore la comunicazione della Commissione, dell'8 novembre 2016, la quale chiarisce che l'intenzione del legislatore dell'UE, in sede di adozione della direttiva 98/44/CE, era di escludere dalla brevettabilità i prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici; si compiace dell'allineamento, da parte degli Stati contraenti della convenzione sul brevetto europeo, delle rispettive legislazioni e prassi, e della decisione del consiglio di amministrazione dell'UEB di chiarire la portata e il significato dell'articolo 53, lettera b), di detta convenzione per quanto riguarda le deroghe alla brevettabilità;

7.  invita la Commissione e gli Stati membri a proteggere la capacità innovativa dei settori europei della selezione vegetale e dell'agricoltura nonché l'interesse pubblico in generale e ad assicurare che l'Unione tuteli efficacemente la garanzia di accessibilità e utilizzo del materiale ottenuto mediante procedimenti essenzialmente biologici per la selezione vegetale, al fine di evitare, ove del caso, che vi siano interferenze con le pratiche che garantiscono i diritti degli agricoltori e l'esenzione dei costitutori;

8.  esorta la Commissione, pertanto, a presentare prima del 1° ottobre 2019 osservazioni in qualità di amicus curiae alla commissione di ricorso allargata dell'UEB, a rafforzamento delle conclusioni stabilite nella sua comunicazione del 2016, secondo cui l'intenzione del legislatore dell'UE, in sede di adozione della direttiva 98/44/CE, era di escludere dalla brevettabilità i prodotti ottenuti mediante procedimenti essenzialmente biologici, e ad allegare la presente risoluzione alla sua dichiarazione;

9.  invita la commissione di ricorso allargata dell'UEB a ripristinare senza indugio la certezza del diritto rispondendo affermativamente alle domande che le sono state sottoposte dal presidente dell'UEB nell'interesse dei costitutori, degli agricoltori e del pubblico;

10.  invita la Commissione a dialogare attivamente con i paesi terzi, nell'ambito dei negoziati per gli accordi commerciali e di partenariato, per garantire che i procedimenti essenzialmente biologici e i prodotti che ne derivano siano esclusi dalla brevettabilità;

11.  invita la Commissione, nell'ambito dei colloqui sull'armonizzazione del diritto multilaterale dei brevetti, a impegnarsi a favore dell'esclusione dalla brevettabilità dei procedimenti essenzialmente biologici e dei relativi prodotti;

12.  invita la Commissione a presentare una relazione sugli sviluppi e sulle implicazioni del diritto dei brevetti nel campo della biotecnologia e dell'ingegneria genetica, come previsto all'articolo 16, lettera c), della direttiva 98/44/CE e come richiesto dal Parlamento nella sua risoluzione del 17 dicembre 2015 sui brevetti e la privativa per i ritrovati vegetali, e ad analizzare ulteriormente le questioni relative all'ambito di applicazione della protezione dei brevetti;

13.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, affinché venga inclusa in una dichiarazione scritta alla commissione di ricorso allargata dell'UEB entro il 1º ottobre 2019, e al Consiglio.

(1) GU C 261 E del 10.9.2013, pag. 31.
(2) GU C 399 del 24.11.2017, pag. 188.
(3) GU L 213 del 30.7.1998, pag. 13.
(4) GU C 411 dell'8.11.2016, pag. 3.
(5) GU C 65 del 1.3.2017, pag. 2.
(6) Gazzetta ufficiale dell'UEB, A56 del 31.7.2017.
(7) Gazzetta ufficiale dell'UEB, A52 del 31.5.2019.
(8) GU L 227 dell'1.9.1994, pag. 1.
(9) Gazzetta ufficiale dell'UEB, A56 del 31.7.2017 (CA/D 6/17).
(10) https://www.epo.org/news-issues/news/2019/20190329.html


Importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa
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Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa (2019/2819(RSP))
P9_TA(2019)0021RC-B9-0097/2019

Il Parlamento europeo,

–  visti i principi universali dei diritti umani e i principi fondamentali dell'Unione europea in quanto comunità basata su valori comuni,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal primo Vicepresidente Timmermans e dalla Commissaria Jourová il 22 agosto 2019, alla vigilia della Giornata europea di commemorazione delle vittime di tutti i regimi totalitari e autoritari,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite adottata il 10 dicembre 1948,

–  vista la sua risoluzione del 12 maggio 2005 sul sessantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa, l'8 maggio 1945(1),

–  vista la risoluzione 1481 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, del 26 gennaio 2006, relativa alla necessità di una condanna internazionale dei crimini dei regimi totalitari comunisti,

–  vista la decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale(2),

–  vista la Dichiarazione di Praga sulla coscienza europea e il comunismo, adottata il 3 giugno 2008,

–  vista la sua dichiarazione sulla proclamazione del 23 agosto come Giornata europea di commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo, approvata il 23 settembre 2008(3),

–  vista la sua risoluzione del 2 aprile 2009 su coscienza europea e totalitarismo(4),

–  vista la relazione della Commissione del 22 dicembre 2010 sulla memoria dei crimini commessi dai regimi totalitari in Europa (COM(2010)0783),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 9-10 giugno 2011 sulla memoria dei crimini commessi dai regimi totalitari in Europa,

–  vista la Dichiarazione di Varsavia del 23 agosto 2011 sulla Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari,

–  vista la dichiarazione congiunta del 23 agosto 2018 dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea per commemorare le vittime del comunismo,

–  vista la sua storica risoluzione sulla situazione in Estonia, Lettonia e Lituania, approvata il 13 gennaio 1983 in risposta al cosiddetto "appello baltico", presentato da 45 cittadini di detti paesi,

–  viste le risoluzioni e le dichiarazioni sui crimini dei regimi totalitari comunisti, adottate da vari parlamenti nazionali,

–  visto l'articolo 132, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che quest'anno si celebra l'ottantesimo anniversario dello scoppio della Seconda guerra mondiale, che ha causato sofferenze umane fino ad allora inaudite e ha portato all'occupazione di taluni paesi europei per molti decenni a venire;

B.  considerando che ottanta anni fa, il 23 agosto 1939, l'Unione Sovietica comunista e la Germania nazista firmarono il trattato di non aggressione, noto come patto Molotov-Ribbentrop, e i suoi protocolli segreti, dividendo l'Europa e i territori di Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, il che ha spianato la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale;

C.  considerando che, come diretta conseguenza del patto Molotov-Ribbentrop, seguito dal "trattato di amicizia e di frontiera" nazi-sovietico del 28 settembre 1939, la Repubblica polacca fu invasa prima da Hitler e due settimane dopo da Stalin, eventi che privarono il paese della sua indipendenza e furono una tragedia senza precedenti per il popolo polacco; che il 30 novembre 1939 l'Unione Sovietica comunista iniziò una guerra aggressiva contro la Finlandia e nel giugno 1940 occupò e annesse parti della Romania, territori che non furono mai restituiti, e annesse le Repubbliche indipendenti di Lituania, Lettonia ed Estonia;

D.  considerando che, dopo la sconfitta del regime nazista e la fine della Seconda guerra mondiale, alcuni paesi europei sono riusciti a procedere alla ricostruzione e a intraprendere un processo di riconciliazione, mentre per mezzo secolo altri paesi europei sono rimasti assoggettati a dittature, alcuni dei quali direttamente occupati dall'Unione sovietica o soggetti alla sua influenza, e hanno continuato a essere privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico;

E.  considerando che, sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un'urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature;

F.  considerando che in alcuni Stati membri la legge vieta le ideologie comuniste e naziste;

G.  considerando che, fin dall'inizio, l'integrazione europea è stata una risposta alle sofferenze inflitte da due guerre mondiali e dalla tirannia nazista, che ha portato all'Olocausto, e all'espansione dei regimi comunisti totalitari e antidemocratici nell'Europa centrale e orientale, nonché un mezzo per superare profonde divisioni e ostilità in Europa attraverso la cooperazione e l'integrazione, ponendo fine alle guerre e garantendo la democrazia sul continente; che per i paesi europei che hanno sofferto a causa dell'occupazione sovietica e delle dittature comuniste l'allargamento dell'UE, iniziato nel 2004, rappresenta un ritorno alla famiglia europea alla quale appartengono;

H.  considerando che occorre mantenere vivo il ricordo del tragico passato dell'Europa, onde onorare le vittime, condannare i colpevoli e gettare le basi per una riconciliazione fondata sulla verità e la memoria;

I.  considerando che la memoria delle vittime dei regimi totalitari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo, nonché la sensibilizzazione a tale riguardo, sono di vitale importanza per l'unità dell'Europa e dei suoi cittadini e per costruire la resilienza europea alle moderne minacce esterne;

J.  considerando che trent'anni fa, il 23 agosto 1989, ricorreva il cinquantesimo anniversario del patto Molotov-Ribbentrop e le vittime dei regimi totalitari sono state commemorate nella Via Baltica, una manifestazione senza precedenti cui hanno partecipato due milioni di lituani, lettoni ed estoni, che si sono presi per mano per formare una catena umana da Vilnius a Tallinn, passando attraverso Riga;

K.  considerando che, nonostante il 24 dicembre 1989 il Congresso dei deputati del popolo dell'URSS abbia condannato la firma del patto Molotov-Ribbentrop, oltre ad altri accordi conclusi con la Germania nazista, nell'agosto 2019 le autorità russe hanno negato la responsabilità di tale accordo e delle sue conseguenze e promuovono attualmente l'interpretazione secondo cui la Polonia, gli Stati baltici e l'Occidente sarebbero i veri istigatori della Seconda guerra mondiale;

L.  considerando che la memoria delle vittime dei regimi totalitari e autoritari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo, nonché la sensibilizzazione a tale riguardo, sono di vitale importanza per l'unità dell'Europa e dei suoi cittadini e per costruire la resilienza europea alle moderne minacce esterne;

M.  considerando che gruppi e partiti politici apertamente radicali, razzisti e xenofobi fomentano l'odio e la violenza all'interno della società, per esempio attraverso la diffusione dell'incitamento all'odio online, che spesso porta a un aumento della violenza, della xenofobia e dell'intolleranza;

1.  ricorda che, come sancito dall'articolo 2 TUE, l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze; rammenta che questi valori sono comuni a tutti gli Stati membri;

2.  sottolinea che la Seconda guerra mondiale, il conflitto più devastante della storia d'Europa, è iniziata come conseguenza immediata del famigerato trattato di non aggressione nazi-sovietico del 23 agosto 1939, noto anche come patto Molotov-Ribbentrop, e dei suoi protocolli segreti, in base ai quali due regimi totalitari, che avevano in comune l'obiettivo di conquistare il mondo, hanno diviso l'Europa in due zone d'influenza;

3.  ricorda che i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando, nel corso del XX secolo, perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita nella storia dell'umanità, e rammenta l'orrendo crimine dell'Olocausto perpetrato dal regime nazista; condanna con la massima fermezza gli atti di aggressione, i crimini contro l'umanità e le massicce violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime nazista, da quello comunista e da altri regimi totalitari;

4.  esprime il suo profondo rispetto per ciascuna delle vittime di questi regimi totalitari e invita tutte le istituzioni e gli attori dell'UE a fare tutto il possibile per garantire che gli orribili crimini totalitari contro l'umanità e le gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani siano ricordati e portati dinanzi ai tribunali, nonché per assicurare che tali crimini non si ripetano mai più; sottolinea l'importanza di mantenere vivo il ricordo del passato, in quanto non può esserci riconciliazione senza memoria, e ribadisce la sua posizione unanime contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia;

5.  invita tutti gli Stati membri dell'UE a formulare una valutazione chiara e fondata su principi riguardo ai crimini e agli atti di aggressione perpetrati dai regimi totalitari comunisti e dal regime nazista;

6.  condanna tutte le manifestazioni e la diffusione di ideologie totalitarie, come il nazismo e lo stalinismo, all'interno dell'Unione;

7.  condanna il revisionismo storico e la glorificazione dei collaboratori nazisti in alcuni Stati membri dell'UE; è profondamente preoccupato per la crescente accettazione di ideologie radicali e per il ritorno al fascismo, al razzismo, alla xenofobia e ad altre forme di intolleranza nell'Unione europea ed è turbato dalle notizie di collusione di leader politici, partiti politici e forze dell'ordine con movimenti radicali, razzisti e xenofobi di varia denominazione politica in alcuni Stati membri; invita gli Stati membri a condannare con la massima fermezza tali accadimenti, in quanto compromettono i valori di pace, libertà e democrazia dell'UE;

8.  invita tutti gli Stati membri a celebrare il 23 agosto come la Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari a livello sia nazionale che dell'UE e a sensibilizzare le generazioni più giovani su questi temi inserendo la storia e l'analisi delle conseguenze dei regimi totalitari nei programmi didattici e nei libri di testo di tutte le scuole dell'Unione; invita gli Stati membri a promuovere la documentazione del tragico passato europeo, ad esempio attraverso la traduzione dei lavori dei processi di Norimberga in tutte le lingue dell'UE;

9.  invita gli Stati membri a condannare e contrastare ogni forma di negazione dell'Olocausto, compresa la banalizzazione e la minimizzazione dei crimini commessi dai nazisti e dai loro collaboratori, e a prevenire la banalizzazione nei discorsi politici e mediatici;

10.  chiede l'affermazione di una cultura della memoria condivisa, che respinga i crimini dei regimi fascisti e stalinisti e di altri regimi totalitari e autoritari del passato come modalità per promuovere la resilienza alle moderne minacce alla democrazia, in particolare tra le generazioni più giovani; incoraggia gli Stati membri a promuovere l'istruzione attraverso la cultura tradizionale sulla diversità della nostra società e sulla nostra storia comune, compresa l'istruzione in merito alle atrocità della Seconda guerra mondiale, come l'Olocausto, e alla sistematica disumanizzazione delle sue vittime nell'arco di alcuni anni;

11.  chiede inoltre che il 25 maggio (anniversario dell'esecuzione del comandante Witold Pilecki, eroe di Auschwitz) sia proclamato "Giornata internazionale degli eroi della lotta contro il totalitarismo", in segno di rispetto e quale tributo a tutti coloro che, combattendo la tirannia, hanno reso testimonianza del loro eroismo e di vero amore nei confronti dell'umanità, dando così alle future generazioni una chiara indicazione dell'atteggiamento giusto da assumere di fronte alla minaccia dell'asservimento totalitario;

12.  invita la Commissione a fornire un sostegno effettivo ai progetti di memoria e commemorazione storica negli Stati membri e alle attività della Piattaforma della memoria e della coscienza europee, nonché a stanziare risorse finanziarie adeguate nel quadro del programma "Europa per i cittadini" per sostenere la commemorazione e il ricordo delle vittime del totalitarismo, come indicato nella posizione del Parlamento sul programma "Diritti e valori" 2021-2027;

13.  dichiara che l'integrazione europea, in quanto modello di pace e di riconciliazione, è il frutto di una libera scelta dei popoli europei, che hanno deciso di impegnarsi per un futuro comune, e che l'Unione europea ha una responsabilità particolare nel promuovere e salvaguardare la democrazia e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, sia all'interno che all'esterno del suo territorio;

14.  sottolinea che, alla luce della loro adesione all'UE e alla NATO, i paesi dell'Europa centrale e orientale non solo sono tornati in seno alla famiglia europea di paesi democratici liberi, ma hanno anche dato prova di successo, con l'assistenza dell'UE, nelle riforme e nello sviluppo socioeconomico; sottolinea, tuttavia, che questa opzione dovrebbe rimanere aperta ad altri paesi europei, come previsto dall'articolo 49 TUE;

15.  sostiene che la Russia rimane la più grande vittima del totalitarismo comunista e che il suo sviluppo in uno Stato democratico continuerà a essere ostacolato fintantoché il governo, l'élite politica e la propaganda politica continueranno a insabbiare i crimini del regime comunista e ad esaltare il regime totalitario sovietico; invita pertanto la società russa a confrontarsi con il suo tragico passato;

16.  è profondamente preoccupato per gli sforzi dell'attuale leadership russa volti a distorcere i fatti storici e a insabbiare i crimini commessi dal regime totalitario sovietico; considera tali sforzi una componente pericolosa della guerra di informazione condotta contro l'Europa democratica allo scopo di dividere l'Europa e invita pertanto la Commissione a contrastare risolutamente tali sforzi;

17.  esprime inquietudine per l'uso continuato di simboli di regimi totalitari nella sfera pubblica e a fini commerciali e ricorda che alcuni paesi europei hanno vietato l'uso di simboli sia nazisti che comunisti;

18.  osserva la permanenza, negli spazi pubblici di alcuni Stati membri, di monumenti e luoghi commemorativi (parchi, piazze, strade, ecc.) che esaltano regimi totalitari, il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi politici totalitari;

19.  condanna il fatto che forze politiche estremiste e xenofobe in Europa ricorrano con sempre maggior frequenza alla distorsione dei fatti storici e utilizzino simbologie e retoriche che richiamano aspetti della propaganda totalitaria, tra cui il razzismo, l'antisemitismo e l'odio nei confronti delle minoranze sessuali e di altro tipo;

20.  esorta gli Stati membri ad assicurare la loro conformità alle disposizioni della decisione quadro del Consiglio, in modo da contrastare le organizzazioni che incitano all'odio e alla violenza negli spazi pubblici e online, nonché a vietare di fatto i gruppi neofascisti e neonazisti e qualsiasi altra fondazione o associazione che esalti e glorifichi il nazismo e il fascismo o qualsiasi altra forma di totalitarismo, rispettando nel contempo l'ordinamento giuridico e le giurisdizioni nazionali;

21.  sottolinea che il tragico passato dell'Europa dovrebbe continuare a fungere da ispirazione morale e politica per far fronte alle sfide del mondo odierno, come la lotta per un mondo più equo e la creazione di società aperte e tolleranti e di comunità che accolgano le minoranze etniche, religiose e sessuali, facendo in modo che tutti possano riconoscersi nei valori europei;

22.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, alla Duma russa e ai parlamenti dei paesi del partenariato orientale.

(1) GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 392.
(2) GU L 328 del 6.12.2008, pag. 55.
(3) GU C 8 E del 14.1.2010, pag. 57.
(4) GU C 137 E del 27.5.2010, pag. 25.


Stato di attuazione della normativa antiriciclaggio
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Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sullo stato di attuazione della legislazione antiriciclaggio dell'Unione (2019/2820(RSP))
P9_TA(2019)0022B9-0045/2019

Il Parlamento europeo,

–  vista la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE(1) del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (quarta direttiva antiriciclaggio)(2), quale modificata dalla direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE (quinta direttiva antiriciclaggio)(3),

–  visti la direttiva (UE) 2019/1153 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 che reca disposizioni per agevolare l'uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e che abroga la decisione 2000/642/GAI(4) del Consiglio, la direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2018 sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale(5) e il regolamento (UE) 2018/1672 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2018 relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell'Unione o in uscita dall'Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005(6),

–  visto il pacchetto antiriciclaggio della Commissione, adottato il 24 luglio 2019, costituito da una comunicazione politica dal titolo "Verso una migliore attuazione del quadro dell'Unione in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo"(COM(2019)0360), la relazione sulla valutazione di recenti presunti casi di riciclaggio di denaro concernenti enti creditizi dell'UE ("post mortem") (COM(2019)0373), la relazione sulla valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che incidono sul mercato interno e sono connessi ad attività transfrontaliere (la relazione sulla valutazione sovranazionale del rischio (RVSR)) (COM(2019)0370) e il relativo documento di lavoro dei servizi (SWD(2019)0650), e la relazione sull'interconnessione dei meccanismi nazionali centralizzati automatici (registri centrali o sistemi elettronici centrali di reperimento dei dati) degli Stati membri relativi ai conti bancari (COM(2019)0372),

–  visto il parere dell'Autorità bancaria europea sulle comunicazioni ai soggetti sottoposti a vigilanza per quanto riguarda i rischi di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo nell'ambito della vigilanza prudenziale, pubblicato il 24 luglio 2019,

–  vista la tabella di marcia della Commissione da titolo "Verso una nuova metodologia di valutazione dei paesi terzi ad alto rischio da parte dell'UE a norma della direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo",

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 22 giugno 2018 dal titolo "Metodologia per l'individuazione dei paesi terzi ad alto rischio a norma della direttiva (UE) 2015/849" (SWD(2018)0362),

–  visto i quattro regolamenti delegati adottati dalla Commissione – (UE) 2016/1675, (UE) 2018/105, (UE) 2018/212 e (UE) 2018/1467 – che integrano la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio individuando i paesi terzi ad alto rischio con carenze strategiche,

–  vista la sua risoluzione del 14 marzo 2019 sull'urgenza di una lista nera UE di paesi terzi a norma della direttiva antiriciclaggio(7);

–  vista la sua risoluzione del 26 marzo 2019 sui reati finanziari, l'evasione fiscale e l'elusione fiscale(8),

–  visto lo scambio di opinioni del 5 settembre 2019 in seno alla commissione per i problemi economici e monetari con la Commissione e l'Autorità bancaria europea,

–  visto l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che il quadro dell'Unione in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo (AML/CTF) è stato progressivamente rafforzato grazie all'adozione della quarta direttiva antiriciclaggio nel maggio 2015 e della quinta direttiva antiriciclaggio nell'aprile 2018 e alle rispettive date di recepimento nella legislazione nazionale degli Stati membri nel giugno 2017 e nel gennaio 2020 e ad altri atti e misure complementari;

B.  considerando che, secondo Europol, è stato rilevato che una percentuale compresa tra lo 0,7 e l'1,28 % del prodotto interno lordo annuo dell'Unione europea viene utilizzato per attività finanziarie sospette(9) come il riciclaggio di denaro collegato a corruzione, il traffico di armi, il traffico di esseri umani, il traffico di droga, l'evasione e la frode fiscali, il finanziamento del terrorismo o altre attività illecite che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini dell'UE;

C.  considerando che, ai sensi dell'articolo 9 della quarta direttiva antiriciclaggio, 4AMLD, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati al fine di individuare i paesi terzi ad alto rischio, tenendo conto delle carenze strategiche in diversi settori; che il Parlamento sostiene l'istituzione, da parte della Commissione, di una nuova metodologia che non si basi esclusivamente su fonti di informazione esterne per individuare i paesi terzi ad alto rischio con carenze strategiche in materia di antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo (AML/CTF), che rappresentano una minaccia per il sistema finanziario dell'UE e richiedono misure rafforzate di adeguata verifica della clientela per i soggetti obbligati dell'UE a norma della quarta e della quinta direttiva antiriciclaggio;

D.  considerando che la terza direttiva antiriciclaggio, entrata in vigore il 15 dicembre 2007, è stata abrogata con l'adozione della quarta direttiva antiriciclaggio; che l'attuazione di diverse disposizioni della terza direttiva antiriciclaggio, comprese autorità nazionali competenti dotate di potere e personale adeguati, non è stata idoneamente controllata in passato e dovrebbe essere considerata una priorità per i controlli di completezza e correttezza in corso e per le procedure di infrazione condotte dalla Commissione nel contesto dell'attuazione della quarta direttiva antiriciclaggio;

E.  considerando che il Consiglio e il Parlamento hanno respinto tre proposte di regolamenti delegati di modifica(10) sulla base del fatto che le proposte non fossero state elaborate nel quadro di un processo trasparente e resiliente che incentivasse attivamente i paesi interessati ad intraprendere misure decisive nel rispetto del loro diritto di essere ascoltati, o che il processo della Commissione per individuare i paesi terzi ad alto rischio non fosse stato sufficientemente autonomo;

F.  considerando che il 13 febbraio 2019 la Commissione ha adottato un nuovo elenco di 23 paesi terzi con carenze strategiche nei loro quadri antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo nell'ambito della nuova metodologia, vale a dire Afghanistan, Samoa americane, Bahamas, Botswana, Repubblica popolare democratica di Corea, Etiopia, Ghana, Guam, Iran, Iraq, Libia, Nigeria, Pakistan, Panama, Portorico, Samoa, Arabia Saudita, Sri Lanka, Siria, Trinidad e Tobago, Tunisia, Isole Vergini americane e Yemen; considerando che il 7 marzo 2019 il Consiglio ha respinto questo atto delegato in sede di Consiglio "Giustizia e affari interni";

G.  considerando che la Commissione ha avviato procedure di infrazione contro la maggior parte degli Stati membri per non aver recepito correttamente la quarta direttiva antiriciclaggio nella legislazione nazionale;

H.  considerando che il 24 luglio 2019 la Commissione ha adottato un pacchetto antiriciclaggio, informando il Parlamento e il Consiglio in merito ai risultati finora raggiunti e alle carenze ancora esistenti nel quadro antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo dell'Unione e ha quindi posto le basi per ulteriori miglioramenti nell'applicazione e nell'attuazione della legislazione vigente e per possibili future riforme legislative e istituzionali;

I.  considerando che, durante lo scambio di opinioni tenuto con la Commissione e l'Autorità bancaria europea (ABE) in seno alla commissione per i problemi economici e monetari il 5 settembre 2019, il presidente dell'ABE, José Manuel Campa, ha dichiarato che l'ABE non svolgeva funzioni di vigilanza nel settore dell'antiriciclaggio ma che il suo mandato è piuttosto quello di formulare orientamenti per favorire la collaborazione e il coordinamento, nonché per valutare l'attuazione della legislazione AML; che egli ha anche sottolineato che la responsabilità principale dell'attuazione spetta alle autorità nazionali;

J.  considerando che, secondo la comunicazione della Commissione del 24 luglio 2019 dal titolo "Verso una migliore attuazione del quadro dell'Unione in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo", si potrebbe prendere in considerazione un'ulteriore armonizzazione del corpo normativo antiriciclaggio/contrasto del finanziamento del terrorismo, ad esempio trasformando la direttiva antiriciclaggio in un regolamento e offrendo così il potenziale per stabilire un quadro normativo armonizzato e direttamente applicabile contro il riciclaggio di denaro;

K.  considerando che, secondo la Commissione nella summenzionata comunicazione, le valutazioni mostrano la necessità di un meccanismo più forte per coordinare e sostenere la cooperazione e l'analisi transfrontaliere da parte delle unità di informazione finanziaria;

1.  è seriamente preoccupato per la mancanza di attuazione della quarta direttiva antiriciclaggio da parte di un gran numero di Stati membri; si compiace pertanto dell'avvio, da parte della Commissione, di procedure di infrazione contro gli Stati membri sulla base dei risultati dei suoi controlli di completezza; invita la Commissione a completare quanto prima controlli di correttezza accurati e ad avviare procedure di infrazione ove necessario; esorta gli Stati membri che non l'hanno ancora fatto a recepire correttamente, quanto prima possibile, la quarta direttiva antiriciclaggio nella loro legislazione nazionale;

2.  esprime preoccupazione per il fatto che taluni Stati membri non rispetteranno la scadenza di recepimento del 10 gennaio 2020 per la quinta direttiva antiriciclaggio e le scadenze del 10 gennaio 2020 e del 10 marzo 2020 rispettivamente per i registri dei titolari effettivi per le società e altre entità giuridiche e per i trust e istituti giuridici analoghi; invita gli Stati membri ad agire urgentemente per accelerare il recepimento;

3.  apprezza la raccomandazione formulata dal gruppo di esperti sulla violazione del diritto dell'Unione dell'ABE, come affrontata durante lo scambio di opinioni con il presidente dell'ABE José Manuel Campa svoltosi in seno alla commissione per i problemi economici e monetari il 5 settembre 2019, sul caso di riciclaggio di denaro della Danske Bank, che è ad oggi il caso più importante rilevato nell'UE, con transazioni sospette per un valore superiore a 200 miliardi di EUR; deplora che le autorità di vigilanza degli Stati membri, in quanto membri votanti del consiglio delle autorità di vigilanza dell'ABE, abbiano respinto una proposta di raccomandazione su una violazione del diritto dell'Unione; invita la Commissione a continuare a seguire il caso e ad avviare una procedura di infrazione qualora lo reputi necessario;

4.  è estremamente preoccupato per la frammentazione normativa e di vigilanza nel settore AML/CTF, situazione che mal si adatta alla crescente attività transfrontaliera nell'Unione e alla vigilanza prudenziale centralizzata nell'unione bancaria e in altri settori non bancari;

5.  sottolinea che l'attuale quadro dell'UE in materia di AML/CTF soffre di carenze nell'applicazione delle norme dell'UE, unitamente alla mancanza di un'efficace vigilanza; sottolinea che è stato più volte sottolineato che la legislazione sulle "norme minime" in materia di AML/CTF potrebbe comportare rischi ai fini dell'efficacia della vigilanza, della continuità dello scambio di informazioni e del coordinamento; invita la Commissione a valutare, nel contesto della necessaria valutazione di impatto di ogni futura revisione della normativa antiriciclaggio, se un regolamento non sia un atto giuridico più adatto di una direttiva;

6.  sottolinea la necessità di una migliore collaborazione tra le autorità amministrative, giudiziarie e di contrasto all'interno dell'UE, in particolare le unità di informazione finanziaria (UIF) degli Stati membri, come sottolineato nella relazione della Commissione; rinnova il proprio invito alla Commissione affinché effettui una valutazione d'impatto nel prossimo futuro per valutare la possibilità e l'opportunità di istituire un meccanismo di coordinamento e sostegno; ritiene che occorra dare ulteriore slancio alle iniziative che potrebbero garantire l'esecuzione delle azioni AML/CTF a livello dell'UE e nazionale;

7.  prende atto della valutazione della Commissione nella sua relazione post mortem del 24 luglio 2019 secondo cui specifici compiti di vigilanza in materia di antiriciclaggio possono essere affidati ad un organo dell'Unione;

8.  ritiene che, al fine di salvaguardare l'integrità dell'elenco dei paesi ad alto rischio, il processo di monitoraggio e decisionale non debba essere influenzato da considerazioni che vadano oltre l'ambito delle carenze AML/CTF; sottolinea che la pressione esercitata dai gruppi di interesse e a livello diplomatico non dovrebbe compromettere la capacità delle istituzioni dell'UE di affrontare il riciclaggio di denaro e di contrastare il finanziamento del terrorismo in un modo che sia collegato all'UE in maniera efficace e autonoma; invita la Commissione a valutare ulteriormente la possibilità di istituire una "lista grigia" di paesi terzi potenzialmente ad alto rischio su una base analoga all'approccio dell'Unione nell'elencare le giurisdizioni non cooperative a fini fiscali; esprime preoccupazione per il fatto che la lunghezza del processo di 12 mesi che porta alla valutazione finale nell'individuare i paesi terzi con carenze strategiche può comportare ritardi inutili per un'azione efficace in materia di AML/CTF;

9.  invita la Commissione a garantire un processo trasparente con parametri chiari e concreti per i paesi che si impegnano a intraprendere riforme in modo tale da evitare di essere inseriti nell'elenco; invita altresì la Commissione a pubblicare le sue valutazioni iniziali e finali sui paesi figuranti nell'elenco, nonché i parametri applicati, al fine di garantire un controllo pubblico in grado di evitare che essi possano essere male utilizzati;

10.  chiede che siano destinate maggiori risorse umane e finanziarie alla pertinente unità della Direzione generale competente e accoglie con favore l'aumento delle risorse destinate all'ABE;

11.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (terza direttiva antiriciclaggio), GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15.
(2) GU L 141 del 5.6.2015, pag. 73.
(3) GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43.
(4) GU L 186 dell'11.7.2019, pag. 122.
(5) GU L 284 del 12.11.2018, pag. 22.
(6) GU L 284 del 12.11.2018, pag. 6.
(7) Testi approvati, P8_TA(2019)0216.
(8) Testi approvati, P8_TA(2019)0240.
(9) Relazione del gruppo di informazione finanziaria di EUROPOL "From suspicion to action" (Dal sospetto all'azione) (2017).
(10) C(2019)1326, C(2016)7495 e C(2017)1951.

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